I nostri spettacoli
- La Femmina Schultora – Monologo teatrale;
- Horfès andata e ritorno – Spettacolo Concerto;
- Il gioco del Re – Mise en Espace;
- Papillons – Spettacolo concerto;
- Chi ha paura del temporale? – Spettacolo;
- Il Sogno di Schiaccianoci – Spettacolo Concerto;
- L’aquila e la principessa – Spettacolo alla scoperta delle fiabe popolari;
- Lo specchio della scimmia – Spettacolo alla scoperta delle fiabe popolari;
La femmina schultora
Monologo teatrale
“Tutto le riuscì perfettissimamente, eccetto il suo infelicissimo amore”
(G. Vasari su Properzia de Rossi)
Beh. Che avete da guardare? Mai visto una donna con lo scalpello in mano?
…Il primo giorno che arrivai in bottega non vedevo l’ora di ascoltarlo discettare
sull’acquaforte e sull’intaglio… Sono arrivata mi ha messo in mano una ramazza e mi ha detto “spazza…
…Nel marmo. Vi sono sepolti corpi umani. Nudi. E per imparare a estrarli è necessario passare lunghe ore in bottega davanti ai modelli. Nudi. Io li vedevo i corpi sepolti nel marmo. E molti degli
scalpellini inetti mutilavano quei corpi nascosti, senza alcun rispetto. E avrei voluto dire loro… “Ma non vedi, non vedi… quella venatura nasconde una gamba…!”. “Quella sporgenza una mano…” invece estraevano figure deformi, per niente in equilibrio con quel marmo dove erano state rinchiuse…
con
VIRGINIA BILLI
musiche
RICCARDO CAROCCIA
testo
MARCO CAROCCIA
aiuto regia
ALBA GRIGATTI
ufficio stampa
ALBA CACCHIANI
SINOSSI
Quasi nulla si sa su Properzia De Rossi – prima donna scultrice d’Europa – se non che era una donna con un talento eccezionale, tanto eccezionale da entrare di diritto – sin dalla prima edizione – ne “Le Vite” di Giorgio Vasari. Donna di capriccioso e destrissimo ingegno, si narra che fosse capace di intagliar noccioli di pesche, i quali sì bene e con tanta pazienza lavorò, che fu cosa singulare e maravigliosa il vederli. Ma a parte i pochissimi documenti storici (alcune carte processuali risalenti a un diverbio con un certo Da Milano e un alterco con Miola) e la testimonianza del Vasari, non ci è giunto altro se non un nocciolo – incastonato in un reliquiario – e la celebre Formella di marmo – di cui il Vasari ci racconta nelle vite – che ritrae un famoso episodio biblico: fece la moglie del maestro di casa di Faraone, che innamoratasi di Giosep, quasi disperata del tanto pregarlo, all’ultimo gli toglie la veste d’attorno con una donnesca grazia e più che mirabile.
All’interno di questo vuoto storico/documentativo il testo di Marco Caroccia, interpretato da Virginia Billi e musicato da Riccardo Caroccia, costruisce un arco narrativo che attraversa i punti cruciali della vita dell’artista. Vasari, come molti altri autori in seguito, scriverà dell’amore di Properzia per un giovane uomo che la rifiutò – causa, secondo loro, del repentino abbandono dell’arte della scultura da parte dell’artista – e il cui difficile rapporto – sempre secondo Vasari e gli autori successivi – Properzia immortalò nel marmo della formella e nella moglie di Putifarre che cerca disperatamente di afferrare Giuseppe. Tale punto di vista non sembra avvalorato dalle interpretazioni più moderne delle fonti storiche, che non portano traccia di questo tipo di amore non corrisposto. La figura romantica della donna, che soffre d’amore fino ad annullare se stessa, proposta dal Vasari e dagli autori successivi diventa quindi una gabbia per la memoria dell’artista. Il personaggio proposto dalla Compagnia cerca di liberarsi da questa gabbia e ci ricorda che il motore di ogni essere umano che si rende protagonista di opere straordinarie, quasi mai è circoscrivibile al singolo evento o sentimento. In questo senso, lei stessa ci propone un’interpretazione alternativa della famosa frase del Vasari “ogni cosa le riuscì perfettissimamente, eccetto il suo infelicissimo amore” dando alla parola Amore un contesto molto più ampio.
HorFès
Spettacolo concerto; la performance teatrale incontra le atmosfere del cinema.
progetto realizzato con il contributo di Otto Per Mille Chiesa Valdese
Trailer dello spettacolo
20 Luglio 1969 – A migliaia di km dalla terra Micheal Collins avvicina la faccia oscura della luna, mentre tutto il pianeta osserva immobile Neil Armstrong e Buzz Aldrin scendere sulla superficie chiara.
Nel frattempo, una donna entra in un locale cercando di assistere allo storico evento.
Molto lontano da li, un uomo esce in fuga da un bar sperando di non essere notato.
Due storie che si intrecciano e in sottofondo il viaggio più emblematico dell’umanità: la missione Apollo.
Storie di viaggi, di fuga e di amore.
Destinate ad incontrarsi nell’attimo in cui Orfeo cerca Euridice.
Destinate a perdersi nello spazio di uno sguardo.
con
VIRGINIA BILLI
musiche dal vivo
RICCARDO CAROCCIA
testo
MARCO CAROCCIA
aiuto regia
SCILLA BELLUCCI
luci
MARCO STRUMIA
ufficio stampa
ALBA CACCHIANI
SINOSSI
Racconta il mito che Orfeo, pastore della Tracia, fosse un suonatore di cetra la cui voce meravigliosa era in grado di commuovere ogni oggetto del creato. Quando la sua amata Euridice morì, il suo canto disperato per l’amore perduto aprì le porte degli inferi e commosse Ade, il dio dei morti. Ade si intenerì a tal punto da concedere a Orfeo di riportare Euridice con sé fino nel regno dei vivi, a condizione che non si voltasse a guardarla prima di aver varcato la soglia di uscita. Per scherzo, per gioco, per amore o per disperazione Orfeo, poco prima di uscire dalla porta che si era aperta grazie alla sua voce melodiosa, si girò per guardare Euridice e la perse così una seconda volta. Per sempre.
“HorFès, Andata & Ritorno” presenta una reinterpretazione del mito di Orfeo ed Euridice in chiave moderna. Lo fa sperimentando l’interazione fra il linguaggio cinematografico, quello teatrale e quello musicale. Sul palco – nelle atmosfere della notte del 20 Luglio 1969 – un pianoforte e un telo da proiezione ci anticipano la presenza di più linguaggi. Fa la sua comparsa Judith, una donna abbandonata dall’amante e alla ricerca di un posto dove vedere la storica trasmissione televisiva sulla missione Apollo. Sulla scena, allestita in parte come un bar, si trova già il Poeta, un misterioso personaggio che sembra aspettare Judith, la accomoda al tavolo e le serve da bere. Al termine di una breve chiacchierata la situazione prende una piega sinistra quando la donna, al momento di accendere la televisione per guardare la trasmissione si accorge che, invece della missione Apollo, sullo schermo compare la figura del suo amante Horace Fès – in arte HorFès – in fuga nella notte. La fuga di HorFès, interpretato da Luca Pedron e Danilo Franti, è raccontata tramite la proiezione di un mediometraggio interamente girato a cura di Art-U e diretto da Virginia Billi. Il viaggio di HorFès è accompagnato da musiche originali, composte ed eseguite da Riccardo Caroccia – nei panni del Poeta -, suonate dal vivo al pianoforte. Se il Poeta incarna la dimensione musicale e HorFès quella cinematografica, Judith – interpretata da Virginia Billi – costituisce la terza dimensione artistica della performance, quella teatrale. Le tre dimensioni si intrecciano fino a fondersi dando vita a un’interazione magica che condurrà gli spettatori in un viaggio: accanto agli astronauti della missione Apollo, fra le note del Poeta e nella nostalgia di Judith.
In questa reinterpretazione del mito, Art-U suggerisce una contrapposizione tra la figura di Orfeo, in particolare la figura di HorFès (nel mito di Ovidio un suonatore di cetra e nella rappresentazione di Art-U un sassofonista), e la figura di Michael Collins – uno dei tre astronauti a bordo della storica missione Apollo 11 del Luglio 1969.
Michael Collins – che non scenderà mai sulla Luna ma le girerà intorno fino nella parte più oscura e lontana – compie infatti un viaggio nell’ignoto, simile a quello a cui è chiamato Orfeo nella sua discesa nell’Ade. Come Orfeo, anche Collins dovrà uscire dall’oscurità e recuperare i suoi compagni che lo aspettano al termine della passeggiata lunare. Il viaggio dell’Apollo 11 diventa così un’allegoria della discesa negli inferi e accompagna l’intera narrazione fino al gesto estremo di Orfeo, che lo porterà a voltarsi e ad uscire da solo dal regno dei morti.
L’HorFès del dramma di Art-U non è un essere semidivino, di fronte al cui canto ogni oggetto del creato si commuove. È un uomo piccolo, codardo e vigliacco, al quale la natura ha donato un talento straordinario e che avrà, per concessione straordinaria, un’unica occasione di redenzione. La figura della sua amante, Judith – interpretata da Virginia Billi – serve da canale di rivelazione e catarsi per il pubblico e rappresenta Euridice. In questa riproposizione Euridice viene messa al centro del mito e ci racconta, attraverso il suo lento scoprirsi, la persona comune in balia di un destino ineluttabile: una morte banale che irrompe in una vita di felicità e progetti. Judith infatti seguirà un percorso di scoperta non meno eccezionale di HorFès e Michael Collins. Dalla sua prima entrata in scena, convinta di entrare in un bar per assistere in televisione allo storico allunaggio del 20 Luglio 1969, si troverà ad affrontare una dura realtà: il locale in cui credeva di essere entrata è in realtà l’anticamera del regno dei morti e lei ha perso la sua condizione mortale. Il mito così raccontato lascia da parte Orfeo per dare voce ad Euridice e alla sua dimensione emozionale: HorFès non calcherà mai fisicamente il palco, che rimarrà invece di Judith e del Poeta. Come Michael Collins rimarrà una presenza costante e motore della narrazione senza mai fisicamente accedere al palcoscenico ma rimanendo evanescente: una proiezione.
Ultimo personaggio, centrale in tutta la vicenda, è il Poeta, incarnazione di Ade, interpretato da Riccardo Caroccia. Figura silenziosa e misteriosa che segue Judith nel viaggio interiore alla scoperta della sua nuova condizione accompagnando, con il pianoforte, la proiezione che dipana la storia di HorFès fino alla sua discesa negli inferi. HorFès, per completare il suo viaggio dovrà suonare per il Poeta (e con il Poeta) e chiedere a lui il permesso di portare via Judith. Nel dramma proposto da Art-U il Poeta, attraverso la sua musica e le sue azioni, dà in qualche modo voce alle vicende e ci rappresenta un Ade in una veste quotidiana di burocrate. Per lui la morte è solo una faccenda da sbrigare uguale a tante altre e ogni Judith somiglia alle mille altre Euridice già passate o che passeranno. Allo stesso tempo la sua figura grigia non manca della dolcezza necessaria ad assolvere il suo compito delicato di guida delle anime. Questa dolcezza si manifesta nella sua musica e, non meno importante, nella sua capacità di commuoversi per la musica di HorFès.
L’intera narrazione si alterna tra proiezioni, accompagnate dalla musica dal vivo, e rappresentazione teatrale, nel tentativo di costruire un dialogo fra il teatro, il cinema e la musica. Nell’allegoria del dramma, la proiezione rappresenta il mondo dei vivi – evocato dalle musiche del Poeta – mentre il palcoscenico rappresenta il mondo dei morti fisicamente incarnato dalla presenza di Judith. Il Poeta, chiave di accesso fra i mondi, è l’unica figura capace di coesistere in entrambi e fornisce una chiave di accesso e di passaggio fra i due. Come il demiurgo, che tutto ha già visto e nulla più lo sorprende, segue la storia di Orfeo e ne accompagna la sorte fino alla fine con grazia e dedizione. L’accostamento del Poeta alla macchina da scrivere, nella fase finale del dramma, rivela il suo ruolo di demiurgo della vicenda – che concede a HorFès di andarsene con la sua amata ma che è anche consapevole del destino che li attende. In questo senso la risposta alla domanda, implicita dentro al mito, “Perché Orfeo si volta?” viene data attraverso la semplice osservazione: “Perché così è stato scritto già milioni e milioni di volte, e così deve andare”.
Il dramma si chiude con Judith che rassicura gli spettatori riguardo alle sorti di Michael Collins, Neil Armstrong e Buzz Aldrin (“Michael li riporterà a casa!”). Come se avesse guadagnato la conoscenza delle cose che verranno, destinata solo a chi non è più del mondo terreno, ci ricorda infine un’ultima volta che a lei non è concesso tornare a casa: l’accostamento tra Orfeo e Michael Collins si completa così sottolineando la natura antitetica delle due figure.
Art-U propone così un viaggio alla scoperta della dimensione più oscura della nostra esistenza: quella immortale dell’anima. Lo fa proponendo una narrazione su più livelli, come su più livelli l’essere umano raffigura il regno dei morti, e caratterizzata dall’interazione dei linguaggi artistici. Ed è proprio questa narrazione a più livelli, fondata sull’interazione fra cinema, teatro e musica, a risultare fondamentale per la completa espressione della storia tutta e di tutti i suoi aspetti mitologici e allegorici.
La voce recitante di Virginia Billi, accompagnata al pianoforte da Riccardo Caroccia, ci conde per le atmosfere evocate da Palazzeschi in una performace rivisitata ed adattata per la Mise en Espace da Scilla Bellucci.
Una rappresentazione leggera e frizzante per avvicinare il pubblico al mondo della musica e del teatro “dove tutto è finto ma niente è falso”.
Lo spettacolo-concerto, presentato all’interno della rassegna “Open City 2021” promossa dal Comune di Scandicci, è un adattamento teatrale in cui si accostano due opere: i celebri “Papillons” Op. 2 di Robert Schumann (1810-1856) e il romanzo incompiuto Flegeljahre (“Anni acerbi”) di Jean Paul Richter (1763-1825), che ne avrebbe ispirato la composizione.
L’opera di Jean Paul, romanzo di formazione del 1804 sui gemelli Walt e Vult, dissimili nell’aspetto e, soprattuto, nei tratti psicologici, è un’espressione complessa e originale della cultura e dell’estetica Romantica.
” Primo: non solo in una parrucca, ma anche in una testa possono trovare spazio più teste.
Secondo: dell’altro mondo, quello migliore, al quale tutto il mondo aspira e tende, fa parte anche la palude infernale, diavoli compresi.
Terzo: sembra che l’ombra e la notte abbiano molta più forma e sostanza della luce del giorno; invece è la luce che esiste e fa apparire le ombre”
SINOSSI: Papillons è un adattamento teatrale in cui si accostano due opere: i celebri “Papillons” Op. 2 di Robert Schumann (1810-1856) e il romanzo incompiuto Flegeljahre (“Anni acerbi”) di Jean Paul Richter (1763-1825), che ne avrebbe ispirato la composizione. L’opera di Jean Paul – un romanzo di formazione del 1804 sui gemelli Walt e Vult, dissimili nell’aspetto e, soprattutto, nei tratti psicologici – è un’espressione complessa e originale della cultura e dell’estetica Romantica. La drammaturgia si concentra sugli aspetti che accomunano il pensiero di Jean Paul e quello di Schumann e, nell’impegno a restituire lo spirito del romanzo in un linguaggio teatrale, riflette su alcuni temi portanti della poetica Romantica con una sensibilità contemporanea.
GottWalt (Dio provveda), giovane avvocato assennato e di alto spirito, e QuodDeusVult (ciò che Dio vuole), talentuoso musicista cosmopolita, scaltro e non sempre sincero, sono due fratelli che si incontrano e scontrano sulla scena tra loro e con loro stessi, in un conflitto intimo e introspettivo; casus belli l’amore per una giovane donna, Wina Zablocki, che innescherà il gioco del doppio e degli equivoci, sulla scia dell`antica tradizione latina – una sottile strizzata d’occhio ai Menecmi di Plauto – per svelare allo spettatore una visione più cruda e onesta sulla natura umana, oltre le maschere di quel fulmineo ballo che è la vita.
Ad introdurre, commentare e concludere l’azione, i numeri di “Papillons” Op.2 di Robert Schumann, idealmente ispirati a loro volta al romanzo di Jean Paul. Alcuni di questi – i primi in particolare – erano già stati composti come schizzi prima del 1830, in un periodo attestato come antecedente all’incontro con i “folli stregati dalla luna” di Richter; di altri si possono trovare tracce evidenti negli appunti apposti sulle ultime pagine della copia del romanzo personale del compositore: su questo si apre tra gli studiosi una forte controversia in merito all’organicità dell’opera di Schumann, la quale tuttavia riflette ancora una volta in maniera originale la scissione e duplicità d’ animo del compositore tedesco, nonché le sue brillanti capacità di orchestratore e regista nell`adattare ed amalgamare materiale preesistente e nuova musica all’interno di una narrazione unica.
Lo spettacolo si impegna in un tentativo di sintesi tra le due letture (e scritture), mettendo in scena una performance che mutua ed evidenzia quadri e punti salienti accuratamente selezionati dalla narrazione di Flegeljahre, rimaneggiandoli e accostandoli alla musica di Schumann. Questa è a sua volta trasfigurata attraverso un’opera di decostruzione e frammentazione degli stessi brevi racconti musicali, dando vita ad uno studio creativo che mette in luce il tema del doppio e della crisi interiore che anima l`uomo romantico e quello contemporaneo: un processo per osservare e riconoscere se stessi nella veste il più vicino possibile al reale, quella di essere umano vivo, fallibile e mortale.
L’OPERA MUSICALE
Il tema del doppio, della lacerazione psicologica e del conflitto interiore che essa genera è proprio il focus della riflessione musicale di Schumann che, nelle opere successive, arriverà addirittura a dare un nome ai personaggi che abitano la sua dualità interna: Eusebio (accostabile, anche se non perfettamente congruente, ai tratti psicologici di Vult) e Florestano (accostabile ai tratti di Walt). Per Schumann questa scissione interiore, che scorgiamo per la prima volta nell’Op.2, degenererà fino al suo tentato il suicidio del1854. Nell’opera giovanile e nella storia che la ispira ne percepiamo, però, la potente spinta creativa: in Flegeljahre e nei “Papillons” la duplicità si anima, incarnandosi in personaggi e movimenti che hanno qualcosa da dire ad ognuno di noi.CHI HA PAURA DEL TEMPORALE?
Semifinalista al concorso In-Box Verde 2021
Che cosa succede se due “nemici” giurati, diversi e antagonisti, si incontrano al buio e in difficoltà? L’archetipo della pecora e del lupo a confronto: questi gli ingredienti di “Chi ha paura del temporale”, uno spettacolo per tutti i target di età che affronta il tema del pregiudizio e della rivalità.
Drammaturgia: Virginia Billi e Alba Grigatti.
SINOSSI: lo spettacolo è liberamente tratto dal racconto di Yuichi Kimura “in una notte di temporale” dove l’ironia dell’autore riesce a costruire un vero e proprio equivoco che permette di mettere in luce il tema della conflittualità e della diversità. Nel racconto di Kimura si prova ad immaginare cosa accadrebbe se una pecora e un lupo, a causa del temporale, si trovassero a condividere una caverna per ripararsi dalla pioggia. L’oscurità impedisce loro di riconoscersi e ciascuno dei protagonisti si convince di star parlando ad un proprio simile. Tale illusione spinge i personaggi a confessarsi i propri sogni, le proprie paure e ad immaginarsi uguali.
La drammaturgia di Virginia Billi e Alba Grigatti parte dall’equivoco immaginato da Kimura e si allontana dagli stereotipi della pecora e del lupo, alla ricerca di un messaggio universale che metta al centro il tema della diversità. L’empatia che nasce fra i due personaggi ci aiuta a capire che la comprensione dell’altro è un ingrediente fondamentale per cominciare a costruire, al di là degli stereotipi, una vera relazione fra comunità diverse fra loro.
approfondimenti per le classi
PERCORSO AUDIO-VISIVO
– Il video dello spettacolo sarà distribuito sulle Piattaforme YouTube e Vimeo nei canali di Art-U.
– Il video-spettacolo ha una durata di circa 37 minuti;
– Prima della visione del video è consigliata la lettura in classe della Fiaba “In una notte di temporale” di YuichiKimura;
– Al fine di approfondire i temi trattati si propongono due incontri con le attrici, uno prima della visione e uno dopo la visione per un totale di due incontri;
GLI INCONTRI
– Gli incontri saranno gestiti dalle Attrici di Art-U e verranno suddivisi in 2 tempi;
– L’incontro pre-visione spettacolo sarà mirato a garantire la fruibilità dello stesso, per raccontare agli alunni come è nato questo testo e le differenze tra la versione del testo originale e la nostra sceneggiatura. La durata sarà di 20-30 minuti;
– Subito dopo la visione del video potrà avvenire il secondo incontro. Le attrici risponderanno alle domande e guideranno gli alunni verso attività che potranno essere svolte partendo dalla Fiaba di Yuichi Kimura. La durata è di circa 40 minuti;
– Gli incontri potranno essere svolti in un’unica mattinata oppure in più mattine. Orari e giorni da concordare con le attrici di Art-U;
– Per gli incontri con le attrici la piattaforma che verrà utilizzata sarà Google Meet o Zoom, il link verrà reso disponibile prima di ciascun incontro;
PERCORSO DAL VIVO
Oltre al possibile percorso Audio-Visivo, proponiamo la visione dello spettacolo dal vivo. Lo spettacolo può essere rappresentato in Teatro o in luoghi non convenzionali, come palestra della scuola.
Partendo da questo spettacolo si potranno realizzare Laboratori e attività con le classi.
– Laboratori di lettura espressiva e scrittura creativa: un percorso attraverso le emozioni e i colori delle parole;
– Laboratorio di illustrazione e creazione di oggetti riconducibili al mondo del Teatro: la maschera e la scenografia teatrale.
I laboratori saranno condotti dalle operatrici/attrici dello spettacolo, Virginia Billi e Alba Grigatti.
Lo spettacolo-concerto è rivolto ad un pubblico di famiglie e bambini dai 4 ai 10 anni. La drammaturgia, liberamente ispirata ai celebri racconti di E.T.A. Hoffmann e A. Dumas, si sposa alle spettacolari musiche del compositore Tchaikovsky, arrangiate per pianoforte ed eseguite dal vivo.
Drammaturgia: Virginia Billi, Marco Caroccia.
Arrangiamento ed esecuzione: Riccardo Caroccia e Andrea Stefanini.
La regia è curata dalle interpreti Virginia Billi e Alba Grigatti.
SINOSSI: lo spettacolo-concerto “Il sogno di Schiaccianoci” racconta la celebre fiaba di natale soffermandosi sugli aspetti interiori di Marie, una bambina che non vuole arrendersi al diventare adulta, allo smettere di giocare, e che trova nello Schiaccianoci l’appiglio alla sua infanzia. Con la sua fervente immaginazione Marie riuscirà a costruirsi un mondo incantato dal quale potrà giocare a diventare grande.
Il racconto si dipana sfruttando la dinamica del doppio livello sogno-realtà e la narrazione onirica, aiutata dalla proeizione di ombre e dalle musiche di Tchaikovsky, trascina gli spettatori in un’atmosfera magica in cui musica e teatro si completano.
Figura cardine di tutta la narrazione risulta essere il padrino Drosselmaier, vero e proprio narratore occulto di tutta la vicenda.
approfondimenti per le classi
La musica sognante e ipnotica di Tchaikovsky ci conduce per mano in un’altra dimensione, in un altro luogo e tempo. Uno spettacolo che racchiude in sè due arti, quella del Teatro e quella della musica. Questo viaggio musicale e teatrale, permette di far conoscere fin dalla prima infanzia le magiche atmosfere della fiaba de “Lo Schiaccianoci”. Partendo da questo spettacolo si potranno realizzare laboratori e attività con le classi.
LABORATORIO DI LETTURA ESPRESSIVA
Un percorso attraverso le emozioni e i colori delle parole;
Nella convinzione che la lettura ad alta voce sia il modo privilegiato attraverso cui si può interiorizzare un testo, sia per chi legge, sia per chi ascolta, si propone un laboratorio di lettura espressiva in cui verranno affrontati vari temi e problematiche che nascono di fronte alla lettura di un testo scritto.
Fra le finalità di questo laboratorio vi è lo scopo di accrescere la capacità di comprensione ed interpretazione di un testo (prosa o poesia). Giocando con l’arte ci si conosce, si lavora alla creazione di un gruppo e si pone le basi per la conoscenza dello spazio scenico. Inoltre un tema che ci si propone di affrontare è l’educazione del bambino alla interiorità.
La scelta dei testi verrà concordata con gli insegnanti, coerentemente con il loro progetto didattico, dopo una ricerca fra gli autori antichi e moderni.
L'aquila e la principessa
Alla scoperta delle fiabe popolari
“C’erano un Re e una Regina che non avevano avuto figli…”
Inizia così la storia de L’Aquila e la Principessa, fiaba della tradizione popolare livornese, che narra la storia della bella giovane che tutti credevano lattaia e che si scoprì alla fine esser regina.
Uno spettacolo delicato e magico interpretato da Alba Grigatti, che fa riscoprire il sapore delle fiabe di una volta, trasportando lo spettatore in un mondo segreto e incantato, attraverso voci e suoni di un tempo in cui la Natura era al centro del mondo.
Drammaturgia: Alba Grigatti
Regia e interpretazione: Alba Grigatti.
Lo specchio della scimmia
Alla scoperta delle fiabe popolari
Uno spettacolo liberamente ispirato alla fiaba Toscana “Il palazzo delle scimmie” di Italo Calvino. Uno spettacolo in cui la realtà e l’immaginazione si intrecciano, raccontando la storia di un Re coraggioso che prenderà in moglie una scimmia, liberandola dall’incantesimo che ha condannato lei e il suo regno per molti anni. Una storia che afffascina grandi e piccoli, attraverso le atmosfere magiche e oniriche del mondo dei sogni e della fantasia.
Il tema dello specchio, come emblema di vanità e idealizzazione della perfezione, accompagna tutta la performance, fin dalla sua prima comparsa come oggetto di scena. La rappresentazione si apre con una raccontastorie, Virginia Billi, e il suo baule, dal quale usciranno i molteplici specchi che contribuiranno ad arricchire la narrazione. In tal modo la narratrice, venditrice di specchi, di sogni, tempo e storie riuscirà a dar vita ad una fiaba ricca di personaggi e spunti di riflessione
Drammaturgia: Virginia Billi
Regia e interpretazione: Virginia Billi.